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Santi del 5 Aprile

Il mio Santo > I Santi di Aprile

*Sant'Alberto di Montecorvino - Vescovo (5 Aprile)
m. 1127

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco
Martirologio Romano: A Montecorvino in Puglia, Sant’Alberto, Vescovo, che dedicò la sua vita alla preghiera continua a Dio e al bene di tutti i poveri.
La sua Vita (Acta SS. Aprilis, I, Venezia 1737, pp. 433-37) fu scritta dal vescovo Riccardo, «ibidem non diu post ipsum electus» e riscritta «lucidiori stylo» da Alessandro Gerardini, che fu vescovo di Montecorvino nel 1496-1515.
La sua famiglia, «e genere nobili Normandorum», si trasferì a Montecorvino, appena fondata, quando Alberto aveva cinque anni.
Egli trascorse la gioventù, oltre che nello studio delle lettere, «in ieiunio, in ornatu templorum,
et continua ad Deum prece». Alla morte del vescovo Beato, il popolo e il conte Landolfo lo nominarono loro pastore.
Sua prima cura fu di trasformare il tempio della città, che era «parvum et incultum», in «altum et celebre». La fama della sua santità e dei suoi miracoli fece venire a lui, per confessarsi insieme col popolo, i grandi della terra e perfino il duca di Puglia, Guglielmo.
Essendo rimasto cieco, gli fu dato come coadiutore il sacerdote Crescenzio, «hominem potentem et scelerum plenum», il quale fece di tutto per abbreviargli la vita e averne, così, la successione.
Morì il 5 aprile 1127.
Tra i miracoli operati in vita, convertì l'acqua in vino, e dopo la morte, sanò un paralitico e liberò un energumeno.
La sua festa si celebrava il giorno anniversario della sua morte, ma, essendo spesso impedita dalle solennità della settimana santa, nel 1717 fu fissata al lunedì in Albis. La diocesi di Montecorvino nel 1433 fu unita a quella di Volturia (oggi Volturara Appula) e nel 1818 entrambe furono unite a Lucera.

(Autore: Giuseppe Carata – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Alberto di Montecorvino, pregate per noi.

*Beato Antonio Blasi - Arcivescovo di Atene (5 Aprile)

Lo zelante mercedario, Beato Antonio Blasi, arcivescovo di Atene, condusse una vita esemplare piena di virtù guidando il suo gregge verso la perfezione ed in questa città santamente andò in cielo.
L’Ordine lo festeggia il 5 aprile.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Blasi, pregate per noi.

*Beata Caterina di Maria (Josefa Saturnina Rodrìguez) - Vedova e Fondatrice - (5 Aprile)

Córdoba, Argentina, 27 novembre 1823 – 5 aprile 1897

Josefa Saturnina Rodríguez nacque a Córdoba in Argentina il 27 novembre 1823. A 29 anni sposò il colonnello Manuel Antonio Zavalía, vedovo con due figli, accantonando l’aspirazione alla vita religiosa che aveva da quando, diciassettenne, aveva partecipato a un corso di Esercizi Spirituali. Rimasta vedova nel 1865, si diede ancora più intensamente a una vita di preghiera finché, il 15 settembre di quello stesso anno, non capì di dover fondare una comunità religiosa femminile che, con lo spirito stesso dei Gesuiti, si dedicasse alla cura degli Esercizi spirituali e all’educazione dei bambini, ma anche delle ragazze.
Il 29 settembre 1872 fondò quindi le Suore Ancelle del Cuore di Gesù, prima congregazione di vita attiva in Argentina. Morì il 5 aprile 1896. La sua causa di beatificazione è stata seguita dalla diocesi di Córdoba dal 1941 al 1952.
Dichiarata Venerabile il 17 dicembre 1997, è stata beatificata a Córdoba il 25 novembre 2017, sotto il pontificato di papa Francesco. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella della Casa madre delle Suore Ancelle del Cuore di Gesù, dove già erano stati sepolti immediatamente dopo la sua morte.

Infanzia e famiglia
Josefa Saturnina Rodríguez nacque a Córdoba in Argentina il 27 novembre 1823, terzogenita di Hilario Rodríguez Orduña e Catalina Montenegro y Olmos, provenienti da famiglie benestanti.
I genitori la portarono al fonte battesimale della cattedrale di Córdoba il giorno stesso della nascita. Prima di lei, erano nate altre due figlie: Elizarda Leonarda, che visse appena diciassette mesi, e María de la Expectación, che alla Cresima cambiò il nome di Battesimo in Estaurofila.
Poco dopo la nascita dell’ultima bambina, la signora Catalina morì, ad appena 23 anni. Sul letto di morte, supplicò il suo sposo che, se si fosse risposato, non avrebbe dovuto separare le loro figlie; Saturnina, com’era chiamata comunemente, aveva tra i due e i tre anni.
Il padre, non volendo risposarsi, affidò le bambine a una sua zia, Teresa Orduña vedova Del Signo, di 66 anni. La donna aveva accolto in casa insieme al marito Juan una ragazza, Eustaquia: fu lei a prendersi cura delle orfane, che la chiamavano "mammina".
Alla morte della signora Teresa, la sua famiglia si fuse con quella delle altre tre sorelle di lei, Ignacia, Luisa e Catalina Orduña.

Un’istruzione sommaria
Saturnina crebbe in un ambiente profondamente religioso, segnato da devozioni come quelle verso il Natale e il Nome di Maria. Le sue parenti e "mammina" Eustaquia, inoltre, si erano dedicate a ripristinare l’opera degli Esercizi Spirituali ignaziani, venuta meno dopo la cacciata dei Gesuiti dal territorio sudamericano per ordine di re Carlo III di Spagna, nel 1767.
Se la sua formazione religiosa era molto buona, quella culturale non lo era quasi per nulla. Secondo l’uso dell’epoca, infatti le figlie femmine delle famiglie aristocratiche imparavano a leggere, a scrivere e a svolgere i lavori domestici, così da prepararsi a essere buone madri e donne di casa.

La vocazione
Non è dato di sapere quando Saturnina ricevette la Prima Comunione e la Cresima, ma il fatto più importante della sua vita da credente avvenne quando era sulla soglia della giovinezza, grazie al ritorno dei Gesuiti a Córdoba, nel 1838.
Due anni dopo, la diciassettenne Saturnina seguì un corso di Esercizi Spirituali, predicati da padre Fermin Moreno, nella casa fatta costruire allo scopo nella sua città. Per lei fu un’esperienza sconvolgente: si sentì come Mosè, meravigliata che Dio potesse parlare proprio con lei.
Fu da allora che cominciò a sentire in sé il desiderio di farsi religiosa, che in verità avvertiva sin da bambina, ma non aveva mai preso sul serio. Per questa ragione, rifiutò la proposta di matrimonio che le venne da un cugino, Manuel Derqui.
Continuò a frequentare i Gesuiti per la direzione spirituale, finché essi non furono nuovamente espulsi a causa dei contrasti con il governatore della provincia di Buenos Aires, Juan Manuel de Rosas.

Il matrimonio con Manuel Antonio Zavalía
Casa Orduña era frequentata in quel periodo da Manuel Antonio Zavalía, colonnello dell’Esercito, che verso il 1850 era rimasto vedovo: la moglie, Josefa Machado. L’aveva lasciato con due figli,
Benito e Deidamia. L’uomo posò gli occhi su Saturnina, ma lei lo respinse.
Cercò in tutti i modi di convincerla e, alla fine, decise di fare ricorso a padre Tiburcio Lopez, cappellano della chiesa della Madonna del Pilar e confessore della ragazza. A sua volta, il sacerdote la mise di fronte al fatto che, se non avesse acconsentito, avrebbe rovinato l’anima dello spasimante. Saturnina, messa alle strette, ubbidì al direttore spirituale, ma cadde svenuta ai suoi piedi.
Il matrimonio fu celebrato il 13 agosto 1852.
Col tempo, Saturnina imparò ad accettare la sua nuova condizione come parte del volere di Dio su di lei. Tuttavia, continuava a nutrire una sorta d’invidia verso chi abbracciava la vita religiosa.
Voleva bene ai figliastri e a Manuel, il quale spesso aveva scatti di collera: lei, invece, era di carattere pacifico e riusciva a placarlo. Da lui ebbe una bambina, che morì prima di nascere; lei stessa rischiò la vita durante la gravidanza.

Vedova
Intorno al 1860, la famiglia Zavalía si trasferì a Paraná, dove rimase due anni. Tornata a Córdoba, Saturnina assunse come nuovo direttore spirituale un giovane sacerdote, David Luque, che era stato costretto a lasciare il noviziato dei Gesuiti per la seconda espulsione dall’Argentina, ma era rimasto loro ammiratore.
Nel 1865, però, il colonnello Zavalía si ammalò gravemente, mentre visitava un possedimento della sua prima moglie nella località di El Tío. Saturnina corse subito da lui, ma quando arrivò, il 30 marzo, era troppo tardi: suo marito era deceduto.

Riaffiorano le aspirazioni alla vita religiosa
Saturnina pianse la morte del suo sposo, soprattutto perché era preoccupata della sua salvezza eterna, poiché era morto improvvisamente.
Moltiplicò le preghiere e i suffragi per lui, mentre intensificava in pari tempo il suo apostolato nella preparazione degli Esercizi Spirituali.
Riaffiorò anche il suo antico desiderio di farsi religiosa e lo manifestò al direttore spirituale, che commentò: «Me lo aspettavo».
Il sacerdote le insegnò come darsi un metodo di vita, con orari fissi per la preghiera, sia in casa che in chiesa, e un giorno al mese di ritiro.

Tentativi falliti
Le suggerì poi di bussare alla porta del monastero delle Domenicane a Buenos Aires, perché immaginava che a Cordova non sarebbe stata mai accolta per tre ragioni: il suo stato di vedovanza, la sua età (aveva superato i quarant’anni) e la sua salute cagionevole.
Padre Félix María Del Val, un gesuita, si occupò delle pratiche per l’ingresso, ma Saturnina non si sentiva a suo agio nella vita contemplativa, pur amando stare ritirata.
Così non rimase delusa quando le monache le dissero che non avevano mai accolto vedove né erano intenzionate a farlo.
Padre Del Val le suggerì quindi di provare dalle Visitandine: loro accoglievano di certo le vedove. Quella volta fu Saturnina a rispondergli negativamente: nella sua mente e nel suo cuore, infatti, si era fatto strada un progetto diverso.

Il "sogno dorato" di Saturnina
Il 15 settembre 1865, mentre stava andando a pregare nel monastero delle Domenicane, Saturnina ebbe un’intuizione, rafforzata da una visione: avrebbe dovuto fondare una comunità femminile che, con lo spirito stesso dei Gesuiti, si dedicasse alla cura degli Esercizi spirituali e all’educazione dei bambini, ma anche delle ragazze. Quel pensiero non l’abbandonò più, neanche quando si trovò davanti al Santissimo Sacramento esposto nella chiesa di Santa Caterina da Siena, annessa al monastero.
Quello che in seguito chiamò il suo "sogno dorato" iniziò a prendere corpo quasi subito, anche se i lavori per la nuova casa per gli Esercizi, che lei desiderava, si protrassero a lungo. Non mancarono anche le umiliazioni, anche da parte del direttore spirituale, che poi si ricredette.
Così, il 29 settembre 1872, don David Luque inaugurò la prima sede della comunità, in una casa presa in affitto: era formata da Saturnina e da altre quattro compagne. Il 7 ottobre successivo distribuì gli incarichi tra di esse: Saturnina fu nominata sacrestana.
Nell’aprile dell’anno seguente la comunità traslocò e furono fatte nuove nomine: Saturnina divenne superiora. Con l’occasione, lei e compagne iniziarono a vestire una divisa, sulla quale spiccava un tondo con l’immagine del Cuore di Gesù e il nome della comunità: Esclavas del Corazón de Jesús ("Ancelle del Cuore di Gesù").
Erano la prima congregazione di vita attiva sorta in Argentina.

La professione religiosa
Saturnina e le altre cominciarono il loro servizio: la domenica insegnavano il catechismo ai bambini, mentre la gente del quartiere partecipava alla Messa nella loro cappella. Accolsero anche alcune allieve interne gratuitamente, per via della loro povertà.
Quando il sacerdote Juan Martín Yániz, in seguito primo vescovo di Santiago del Estero, offrì alla comunità la casa degli Esercizi di cui si era occupato, ampliata e coi mezzi necessari per garantire la sussistenza, ci fu un nuovo trasloco.
La casa arrivò a ospitare più di quattrocento esercitanti per corso, che dovettero essere divisi almeno per la mensa. Saturnina, ormai considerata la fondatrice della comunità, era la prima nei servizi più umili: apparecchiava, sparecchiava, lavava i piatti.
Intanto si andava costruendo un’abitazione più consona a quelle che, di fatto, erano suore, pur senza la professione religiosa.
Nel marzo 1875, le suore si trasferirono nella Casa madre, nel Barrio General Paz. L’8 dicembre 1875 fu inaugurato il primo noviziato e le prime dieci suore professarono i voti religiosi. Con loro c’era anche Saturnina, che cambiò nome in suor Caterina di Maria: il suo "sogno dorato" si era fatto realtà.

L’amicizia con san José Gabriel del Rosario Brochero
L’opera degli Esercizi era portata avanti nelle vicinanze di Córdoba anche da un sacerdote, don José Gabriel del Rosario Brochero (canonizzato nel 2016). Per le popolazioni delle Sierras Grandes aveva fatto costruire una casa di Esercizi nella sua parrocchia di Villa del Tránsito, ma desiderava darle una stabilità anche dopo la sua scomparsa. Per questo motivo, pensò di far arrivare una comunità di suore che, oltre a condurre gli Esercizi, gestissero anche una scuola per bambine.
Era amico di don Luque e del gesuita padre José María Bustamante, che aveva collaborato alla fondazione delle Ancelle del Cuore di Gesù: tramite loro, prese contatto con suor Caterina, ormai madre fondatrice, scrivendole d’inviargli qualcuna delle sue figlie. In sedici, a dorso di cavallo o di mulo, attraversarono le montagne e, dopo due giorni di viaggio, arrivarono a Villa del Tránsito il 1° febbraio 1880.

L’espansione della congregazione
La comunità di Villa del Tránsito fu seguita dalla prima al di fuori della provincia di Córdoba, quella di Santiago del Estero. Vennero poi quelle di Rivadavia, San Juan, Tucumán. La gioia per l’apertura delle nuove case fu accompagnata, tuttavia, dalla morte di don Luque, l’11 agosto 1892.
L’anno successivo, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma per il 50° di ordinazione episcopale di papa Leone XIII, madre Caterina ricevette un messaggio da monsignor Federico Aneiros, arcivescovo di Buenos Aires, che l’invitava a fondare una casa anche lì. Ci furono opposizioni da parte di uomini e donne di ceto sociale elevato, che mal sopportavano l’arrivo di una congregazione "provinciale", ma alla fine la scuola fu inaugurata.

Madre Caterina alle sue figlie
In tutta la sua vita, madre Caterina fu mossa da due passioni: quella per il Cuore di Gesù, che chiamava «il nostro Sposo», e quella per l’umanità. Il suo desiderio più grande era che le sue figlie spirituali acquisissero solide virtù e imparassero a correggersi anche dai più minimi difetti, come lei stessa aveva appreso.
A una suora che soffriva per una contrarietà scrisse, il 15 gennaio 1880: «Sarebbe una vergogna che una sposa di Cristo si piegasse alle cose vili del mondo, dopo essersi affidata e asservita al Sacro Cuore di Gesù. Non sia mai che ci accada come alle vergini stolte, che non ebbero olio quando arrivò lo sposo».

La morte
Nel corso della Settimana Santa del 1896, la salute di madre Caterina ebbe un tracollo. Dopo le funzioni del Giovedì Santo, padre Juan Cherta, superiore dei Gesuiti di Córdoba e direttore ecclesiastico delle Ancelle del Cuore di Gesù, andò da lei e ascoltò la sua confessione.
La fondatrice rimase lucida e serena anche in quei suoi ultimi istanti. Si preoccupò per i medici che le prestavano servizio, facendo servire loro del caffè e ricompensandoli con degli scudi del Sacro Cuore (dei bollini con l’immagine del Cuore di Gesù e la frase «Fermati!
Il Cuore di Gesù è con me!»). Il 4 aprile, Sabato Santo, ricevette gli ultimi Sacramenti e lasciò il suo testamento spirituale alle suore: «Vi raccomando la pace, l’obbedienza e la santa carità».
Il giorno di Pasqua, infine, ordinò che si distribuisse del cioccolato alle suore: dovevano stare allegre, dato che era quella solennità.
Si spense quindi alle 8 di sera di quel 5 aprile 1896.
I suoi resti mortali furono sepolti nel coro della cappella della Casa madre delle Ancelle del Cuore di Gesù.

Fama di santità e causa di beatificazione
La fama di santità di madre Caterina si diffuse presto dovunque le Ancelle del Cuore di Gesù avessero scuole e comunità. A partire dal 1931 si svolsero le prime operazioni per l’inizio della
causa di beatificazione, con l’organizzazione di una commissione apposita.
Il processo informativo diocesano cominciò il 1° settembre 1941 a Córdoba e, per vari motivi, si protrasse fino al 1954. Fu integrato da un’inchiesta rogatoriale nella diocesi di Buenos Aires, svolta nel corso del 1952. Il 15 giugno 1960 si ebbe il decreto sugli scritti. La lavorazione della "Positio super virtutibus" comportò la raccolta di ulteriori documenti e l’adeguamento alle nuove normative contenute nella Costituzione apostolica "Divinus Perfectionis Magister". I due volumi stampati furono consegnati nel 1990 alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Il 12 dicembre 1995 la "Positio" passò all’esame dei Consultori storici della Congregazione, quindi, il 24 gennaio 1997, ai Consultori teologi, che diedero parere positivo. Seguì la riunione dei Cardinali e dei Vescovi membri del medesimo dicastero vaticano, il 6 ottobre successivo.
Infine, il 18 dicembre 1997, il Papa san Giovanni P
aolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Caterina di Maria Rodríguez veniva dichiarata Venerabile.
Il miracolo e la beatificazione
Come potenziale miracolo per ottenere la beatificazione è stato preso in esame il caso di Sofia Acosta, di Tucumán. Il 22 aprile 1997 fu trovata accasciata sul pavimento della cucina di casa sua, mentre preparava la cena. Portata in ospedale, le fu riscontrato un arresto cardiocircolatorio.
Mentre i medici cercavano di rianimarla solo per accontentare i familiari, Eugenia, sua figlia, invocò madre Caterina di Maria: era infatti insegnante di Inglese nella scuola delle Ancelle del Cuore di Gesù a Tucumán. Qualche istante più tardi, il medico annunciò che la paziente si era ripresa, ma rischiava seri danni cerebrali perché il sangue e l’ossigeno non erano affluiti al cervello per oltre quaranta minuti.
Eugenia continuò a pregare insieme a tutte le bambine della scuola e, in più, collocò sotto il cuscino della signora Sofia un santino con una reliquia "ex indumentis" di madre Caterina. Non passò molto tempo: la donna si riprese del tutto e non ebbe alcun danno.
Il processo diocesano sull’asserito miracolo fu quindi celebrato nella diocesi di Tucumán dal 16 agosto 2012 al 27 novembre dello stesso anno. Il 25 ottobre 2013 gli atti dell’inchiesta ottennero il decreto di convalida.
La Commissione Medica della Congregazione delle Cause dei Santi si pronunciò favorevolmente circa l’inspiegabilità scientifica dell’accaduto il 17 luglio 2016. Il 19 gennaio 2017 i Consultori teologi confermarono il nesso tra la presunta guarigione e l’intercessione di madre Caterina. Dopo che anche i Cardinali e i Vescovi della Congregazione ebbero dato il loro giudizio positivo il 25 aprile 2017, Papa Francesco ha autorizzato, il 4 maggio 2017, la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Sofia Acosta poteva essere dichiarata miracolosa e ottenuta grazie a madre Caterina di Maria.
La beatificazione della fondatrice delle Ancelle del Cuore di Gesù è stata celebrata presso il Centro Civico di Córdoba il 25 novembre 2017. A presiedere il rito, il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Angelo Amato, come delegato del Santo Padre.

Le Suore Ancelle del Cuore di Gesù oggi
Le Suore Ancelle del Cuore di Gesù di Córdoba, note anche come "Esclavas Argentinas", hanno ottenuto il primo riconoscimento pontificio con il Breve Laudatorio del 31 luglio 1892; cinque anni dopo, nel 1907, arrivò l’approvazione definitiva.
La maggior parte delle comunità è in Argentina, dove ha anche sede la Casa madre. Contano presenze anche in Spagna, Benin e Cile. Il loro compito è lo stesso delle origini: educazione della gioventù, accoglienza delle bambine a rischio e formazione spirituale, tramite gli Esercizi Spirituali e lo spirito di riparazione al Sacro Cuore di Gesù.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Caterina di Maria, pregate per noi.

*Santa Caterina Thomas (5 Aprile)

Maiorca (Baleari), 1 maggio 1531 - 5 aprile 1574
Caterina (Catalina) Thomas nasce il 1 maggio 1531 a Valldemoza sull'isola di Mallorca (Baleari). Cresciuta in una fede semplice ma provata in molte piccole cose, rimane orfana a sette anni. Trasferitasi dagli zii deve badare al bestiame, riducendo così la preghiera in chiesa. Per i giorni feriali costruisce dei piccoli altari ai piedi degli ulivi.
La svolta nella sua vita avviene con l'incontro di padre Antonio Castaneda (1507-1583), del vicino collegio di Miramar.  
Grazie a lui Caterina prende la decisione di entrare in monastero.
Superate tutte le difficoltà nel 1553 è accolta come corista nel monastero delle Canonichesse Regolari di Sant'Agostino di Palma. Professa i voti religiosi il 24 agosto 1555. Le sue orazioni, intanto, vengono conosciute anche fuori dal monastero tanto che il vescovo di Maiorca sovente le chiede consiglio.
Trascorre la sua vita sempre più spesso in periodi di estasi mistiche fino all'ultima che termina il 4 aprile 1574. Morirà il giorno dopo. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Palma di Maiorca in Spagna, santa Caterina Tomás, vergine, che, entrata nell’Ordine delle Canoniche regolari di Sant’Agostino, rifulse per la noncuranza di sé e l’abnegazione della volontà.
Caterina (Catalina) Thomas venne alla luce il 1° maggio 1531 nel piccolo paese di Valldemoza dell’isola di Maiorca (Baleari). Era la penultima di sette figli di un modesto contadino di nome Giacomo: in casa respirò, fin da piccolissima, una fede semplice e profonda. Non avendo la corona del Rosario imparò a dire le Ave Maria contando le foglie di un ramoscello d’ulivo. Era abituata a camminare a piedi nudi, anche tra i cardi spinosi: le insegnarono che dalle piccole ferite poteva comprendere il significato della sofferenza. Come speciale protettrice prese la santa vergine e martire di cui portava il nome.
Rimase purtroppo orfana a soli sette anni e dovette quindi trasferirsi dagli zii che avevano la tenuta Son Gallard, dove avrebbe condotto il bestiame al pascolo. La piccola era abituata a lavorare, l’unico problema era la lontananza della chiesa, vista la sua abitudine a seguire regolarmente le funzioni religiose.
Dovette accontentarsi di parteciparvi solo la domenica, per i giorni feriali si ingegnò. Costruì dei piccoli altari ai piedi degli ulivi e così, nella solitudine dei campi, le sue preghiere erano ugualmente intense. Poco attratta dai divertimenti, maturò presto il desiderio di conservare la propria verginità.
La svolta nella vita di Caterina avvenne con l’incontro di Padre Antonio Castaneda (1507-1583), del vicino collegio di Miramar. Era un ottimo sacerdote, vissuto per oltre quarant’anni nel Romitorio della SS. Trinità di Maiorca. Conobbe la giovane pastorella durante le visite alla fattoria e subito ne intuì le virtù non comuni. Con la sua direzione spirituale, Caterina prese la difficile decisione che da tempo portava nel cuore: entrare in monastero. Lo scontro con gli zii fu inevitabile, essi vedevano nella nipote solo un’analfabeta, per di più senza dote. Fortunatamente il sacerdote ripianò tutte le difficoltà.
La collocò come domestica in una nobile famiglia di Palma di Maiorca, i Zaforteza, dove imparò a leggere e a scrivere, e poté, quindi, accostarsi da sola alle letture spirituali.
Caterina inoltre si impose una Quaresima austera, cibandosi solo con pane e
acqua e mortificando il proprio corpo con una pelle di porcospino, usata come cilicio. Queste penitenze però compromisero la sua salute. Con l’aiuto di P. Castaneda, benché senza dote, fu accolta, nel 1553, come corista nel Monastero delle Canonichesse Regolari di S. Agostino di Palma, intitolato a Santa Maria Maddalena. Il noviziato durò ben due anni e sette mesi, probabilmente a causa della salute cagionevole (per farsi venire un po’ di colorito masticava grani di pepe).
La sua preghiera fervida suscitava l’ammirazione delle consorelle, ma nel suo animo dovette contrastare prove interiori tremende: il demonio la provò duramente.
Professò i voti religiosi il 24 agosto 1555, all’età di ventiquattro anni. Indossò la veste dimessa di una consorella e non accettò alcun regalo: le bastava essere finalmente Sposa di Cristo. Le sue orazioni, intanto, cominciarono a diventare estasi e la fama di questi fenomeni oltrepassò le mura del monastero. Cominciarono le visite anche da parte del vescovo di Maiorca, Mons. Giovanbattista Campeggio che, nonostante sapesse di essere in presenza di una semplice suora, sovente le chiedeva consiglio. Straordinario era il fatto che mai veniva meno all’obbedienza, anche in stato di estasi si recava dai superiori.
Vista la popolarità che cominciava a circondarla, suor Caterina non amava presentarsi alla grata, ma, se le era comandato, lo faceva. E così trasmetteva l’amore che sentiva dentro di sé per Dio a quanti la cercavano per avere consiglio, o per curiosità. Ebbe il dono di scrutare i cuori e per molti voleva dire conversione a vita nuova.
Il Signore le manifestò, durante i rapimenti estatici, anche le necessità di persone che non frequentavano il monastero.
Grande devozione aveva per la Passione di Cristo e meditandola non poteva trattenere le lacrime, ovunque si trovasse: in cella, in coro, in refettorio. Grande amore provava per l’Eucaristia e si recava al tabernacolo più spesso che poteva. A quei tempi non era permessa la Comunione quotidiana, Suor Caterina, ogni volta che la riceveva, ne era trasformata. Pregava per tutti. Oltre che per i peccatori e per i defunti, i suoi pensieri erano per la Chiesa, alle prese con la scissione dei protestanti e col pericolo dei Turchi.
Con il passare degli anni i fenomeni estatici divennero più frequenti e, suo malgrado, più appariscenti. Il più lungo, nel 1571, durò ventuno giorni. La fama della sua santità si diffuse in tutta l’isola e anche in Spagna, perché suor Caterina aveva pure il dono dei miracoli, improvvisi ed eclatanti. Lei, per umiltà, preferiva far credere che era una tonta, ma le consorelle sapevano dei suoi espedienti. Il suo confessore, in quegli anni, fu Padre Salvatore Abrines.
Caterina guardava ormai solo al cielo e il corpo era per la sua anima quasi una prigione. L’ultima estasi durò dal lunedì di Passione (29 marzo) al giorno di Pasqua (4 aprile) del 1574. Morì, come aveva predetto, il giorno successivo, lasciando un esempio di amore incondizionato a Dio.
Quaranta anni dopo, alla prima ricognizione, il corpo fu trovato incorrotto. Il processo di canonizzazione la vide proclamata Beata nel 1792 e finalmente, da Papa Pio XI, santa il 22 giugno 1930.
Il corpo di Santa Rina, come è detta popolarmente, già dal 1577, ebbe diverse traslazioni fino alla sistemazione definitiva nella cappella del Monastero di Palma di Maiorca.

(Autore: Daniele Bolognini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Caterina Thomas, pregate per noi.

*Beati Corrado di Sassonia e Stefano di Ungheria - Martiri (5 Aprile)
+ 1288 circa
Francescani, vennero inviati a predicare la fede nell’Ircania, fra il Mar Caspio e il massiccio dell’Elburz, la cui popolazione, pur avendo ricevuto prestissimo la predicazione evangelica (secc. IV-VI), era in parte ricaduta nell’errore dopo lo scisma d’Oriente e la predicazione musulmana.
Un giorno, mentre i due religiosi si recavano al luogo dove erano soliti tenere i loro discorsi, vennero assaliti da una turba di fanatici, che li strangolarono.
Non si conosce con certezza la data del loro martirio, che si suol porre verso il 1288.
Sono festeggiati il 5 aprile.

(Autore: Sergio Mottironi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Corrado di Sassonia e Stefano di Ungheria, pregate per noi.

*Santa Ferbuta - Vedova, Martire in Persia (5 Aprile)
† 9 aprile 342

Martirologio Romano: A Seleucia in Persia, santa Ferbuta, vedova, che fu sorella del vescovo san Simeone e sotto il regno di Sabor II subì insieme alla sua serva il martirio.
Ricorre molte volte nei martirologi sia orientali sia occidentali sotto date e nomi diversi: Pherbutha, Thermutha, Thermo, Derphuta, Tartufa, Tbarbo; quest'ultima variante è la più vicina all’originale persiano. Fonte principale, ma assai inquinata, della sua vita è la Historia Ecclesiastica di Sozomeno, cui posteriori commentatori hanno aggiunto altre imprecisioni.
Sorella di san Simeone Bar-Sabbàeé, vescovo di Seleucia-Ctesifonte, uno dei più illustri martiri della persecuzione di Sapore, ucciso probabilmente il 17 aprile 341, secondo Sozomeno e gli
scrittori che da lui dipendono, Ferbuta era vergine consacrata a Dio, mentre, secondo le fonti siriache, era vedova, ma egualmente decisa a osservare perfetta castità, come le sue due compagne di martirio, la sorella, talvolta chiamata Mekadosta, ed un'ancella.
Con esse fu arrestata sotto l'accusa di aver provocato nella regina una grave malattia con veleni propinatile per vendicare la morte del vescovo Simeone: e l’accusa apparve attendibile in quanto veniva dall’ambiente giudaico della capitale vicino alla regina.
Il processo che non si distinse da altri simili contro i cristiani se non forse per le proposte di matrimonio fatte dai giudici alle tre accusate, le quali, naturalmente, le respinsero.
Condannate a morte, furono segate in due parti. Per colmo di ludibrio, la regina ammalata fu fatta passare tra quelle membra dilaniate, con la speranza che potesse superare i malefici influssi dei veleni.
Sozomeno pone il martirio il 9 aprile 342, cioè esattamente ad un anno da quello di san Simeone. Quanto al luogo, il citato autore e le altre fonti sembrano indicare una delle città della Persia, nelle quali prendeva sede periodicamente l’aula regia: forse la stessa Seleucia.
I martirologi ricordano il martirio di Ferbuta, con o senza le compagne, in giorni diversi. I Greci lo pongono al 19 marzo, il 4, 5 e 6 aprile; i Siri al 5 maggio e al 19 aprile. Il Martirologio Romano ne inserisce l’elogio in una delle più lunghe serie di martiri di tutto Panno, il 22 aprile («Tarbula, cum pedissequa sua») e forse anche il 20 marzo («Derphuta et soror eius»).

(Autore: Giorgio Eldarov – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santa Ferbuta, pregate per noi.

*San Geraldo - Abate di Grande-Sauve (5 Aprile)

Corbie, 1025 ca. - Grande-Sauve, Bordeaux, 5 aprile 1095

Martirologio Romano: Nel monastero di Grande-Sauve nella regione dell’Aquitania, ora in Francia, San Gerardo, abate, che, cresciuto nel monastero di Corbie, fu poi eletto abate di Laon e dopo Santi pellegrinaggi si ritirò nel fitto della foresta di questa terra.
Nato a Corbie verso il 1025, Geraldo (fr. Geraud) fu affidato dai suoi genitori all'abbazia della città. Ne divenne cellerario e nel 1050 accompagnò il suo abate, Folco, in un viaggio a Roma, a Monte Cassino e al Monte Gargano, dove si trovava allora papa Leone IX.
Insieme con Folco fu ordinato prete dal papa, in circostanze molto oscure; quindi tornarono entrambi a Corbie. Fu allora incaricato del restauro della chiesa abbaziale, danneggiata qualche anno innanzi da un incendio e adempì così bene al suo compito che la dedicazione ebbe luogo già il 27 agosto 1052.
Da molti anni egli soffriva violenti mali di testa, di cui aveva vanamente implorato la guarigione nei santuari che aveva visitato in Italia. Ne fu alfine liberato per intercessione di san Adalardo di Corbie e dimostrò la sua riconoscenza componendo antifone e responsori per l’Ufficio di questo santo e facendo redigere una Vita di lui.
Nel 1073 compì un pellegrinaggio in Terrasanta sul quale non si hanno particolari. Al suo ritorno, i monaci di san Vincenzo di Laon gli chiesero di succedere come abate a suo fratello Raniero, che era morto.
Per cinque anni tentò di riformare questo monastero, ma i suoi sforzi rimasero vani, e finalmente lasciò Laon con due monaci, un recluso, chiamato Ebroino, e cinque cavalieri in cerca di vita penitente.
Insieme fecero diversi pellegrinaggi: andarono a san Dionigi presso Parigi, a Santa Croce di Orléans, a san Martino di Tours, infine a Poitiers ove vennero notati da Guglielmo VIII, conte di Poitiers e duca di Aquitania.
Costui propose ai pellegrini di fondare un monastero e offrì loro delle terre in una vasta foresta, chiamata la Grande-Sauve o Sauve-Majeure (Sylva major), situata fra la Garonna e la Dordogna, a ventisette chilometri a est di Bordeaux. Geraldo e i suoi compagni ne presero possesso il 28 ottobre 1079.
Al concilio tenuto a Bordeaux nel 1080, il duca d’Aquitania informò i vescovi che il monastero della Grande-Sauve sarebbe stato affrancato da ogni potere laico e avrebbe avuto diritto di contea e di giustizia. Il monastero dedicato alla Madonna e ai santi Simone e Giuda, seguiva la regola di san Benedetto, con costituzioni che non sono state conservate, ma di cui si ritrova un’eco nelle carte dell’abbazia.
Molte fondazioni dimostrarono rapidamente la prosperità e lo splendore del monastero: il priorato di Semoy presso Orléans nel 1081, l’abbazia di Broqueroie nell’Hainaut nel 1082, il monastero di Barwell nella diocesi di Lincoln nel 1089. La Grande-Sauve si trovò così alla testa di una vera congregazione e Geraldo, il 28 ottobre 1094, riunì un primo capitolo generale che raccolse i rappresentanti di una decina di monasteri.
Egli istituì, inoltre, un ordine cavalleresco comprendente cavalieri e alcuni monaci con funzione di cappellani, per partecipare alla lotta contro i Mori in Spagna. Infine, accettò l’amministrazione di un certo numero di parrocchie e il suo monastero divenne un centro di evangelizzazione e di civilizzazione.
Geraldo morì il 5 aprile 1095 alla Grande-Sauve e fu inumato nella chiesa della Madonna. Il suo corpo fu elevato il 21 giugno 1126; fu canonizzato il 27 aprile 1197 da Celestino III. Le sue reliquie, nascoste durante la Rivoluzione francese, sono conservate nella chiesa parrocchiale della Grande-Sauve e la sua festa i celebrata il 5 aprile o il 21 giugno.
Un monaco anonimo, che non aveva conosciuto personalmente San Geraldo, ma solo qualcuno dei suoi contemporanei, compose, verso il 1140, una Vita che, verso il 1190, fu rimaneggiata in vista della canonizzazione da un altro monaco anonimo che la arricchì di diversi miracoli. I due testi sono stati pubblicati dai Bollandisti.

(Autore: Philippe Rouillard – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Geraldo Abate di Saint-Sauve, pregate per noi.

*Beata Giuliana di Cornillon o di Liegi (5 Aprile)

Retinne, presso Liegi (Belgio), 1191/1192 - Fosses (Belgio), 5 aprile 1258

Martirologio Romano: Presso Fosses nel Brabante, nell’odierno Belgio, Santa Giuliana, vergine dell’Ordine di Sant’Agostino, che fu dapprima priora di Cornillon presso Liegi e, sorretta da divino e umano consiglio, promosse la solennità del Corpo di Cristo e condusse vita di reclusa.
Nasce al tempo in cui Liegi è la capitale (famosa per le sue scuole) di una delle signorie che poi formeranno il regno dei Belgi. Perde i genitori da piccola e viene affidata alle monache di Mont-Cornillon, lì vicino, dove c’è anche una comunità di “beghine”, donne che fanno vita comune sotto una regola, ma senza essere monache: lavorano, pregano, assistono i malati di lebbra.
Giuliana si fa invece monaca (ca. 1207) e dopo qualche tempo si comincia a parlare di sue visioni, di rivelazioni...
Ne scriverà la vita un chierico di Liegi, senza però averla conosciuta, dando scarsa importanza alle date e non distinguendo bene le vicende comuni dalle soprannaturali.
Però fa emergere un fatto certo: l’influenza di Giuliana sulla Chiesa del tempo (e di sempre).
Ecco una delle sue visioni: di notte, vede splendere in cielo la luna, ma attraversata da una misteriosa striscia buia.
Secondo lei, questa “luna incompleta” raffigura la liturgia, al cui pieno splendore manca l’essenziale: una festa che onori il Corpo di Cristo sacrificato per l’umanità.
Questa visione lei la tiene vent’anni per sé, e infine la confiderà solo alla romita Eva e alla beghina Isabella, infermiera dei lebbrosi.
Un’alleanza a tre, per dare forma precisa a una religiosità eucaristica già ben presente in Liegi, nei sodalizi religiosi, nella predicazione e negli scritti di sacerdoti famosi, a cominciare dal X
Nasce al tempo in cui Liegi è la capitale (famosa per le sue scuole) di una delle signorie che poi formeranno il regno dei Belgi. Perde i genitori da piccola e viene affidata alle monache di Mont-Cornillon, lì vicino, dove c’è anche una comunità di “beghine”, donne che fanno vita comune sotto una regola, ma senza essere monache: lavorano, pregano, assistono i malati di lebbra.
Giuliana si fa invece monaca (ca. 1207) e dopo qualche tempo si comincia a parlare di sue visioni, di rivelazioni...
Ne scriverà la vita un chierico di Liegi, senza però averla conosciuta, dando scarsa importanza alle date e non distinguendo bene le vicende comuni dalle soprannaturali.
Però fa emergere un fatto certo: l’influenza di Giuliana sulla Chiesa del tempo (e di sempre).
Ecco una delle sue visioni: di notte, vede splendere in cielo la luna, ma attraversata da una misteriosa striscia buia.
Secondo lei, questa “luna incompleta” raffigura la liturgia, al cui pieno splendore manca l’essenziale: una festa che onori il Corpo di Cristo sacrificato per l’umanità.
Questa visione lei la tiene vent’anni per sé, e infine la confiderà solo alla romita Eva e alla beghina Isabella, infermiera dei lebbrosi.
Un’alleanza a tre, per dare forma precisa a una religiosità eucaristica già ben presente in Liegi, nei sodalizi religiosi, nella predicazione e negli scritti di sacerdoti famosi, a cominciare dal X
secolo col grande Raterio, futuro vescovo di Verona. Le tre donne coinvolgono preti e frati, comunità, parrocchie.
Vengono a parlare con Giuliana i vescovi di Cambrai e di Liegi. A quest’ultimo, Roberto di Thourotte, lei chiede di istituire subito in diocesi quella festa, che si chiamerà del Corpus Domini.
Molti però sono contrari, il vescovo esita. Ma Giuliana va giù per conto suo, facendo già preparare in latino l’Ufficio (preghiere, letture, canti) per la nuova celebrazione.
Quando si conosce in giro quel testo (che comincia con le parole Animarum cibus) se ne appassionano un po' tutti: è letto, spiegato, cantato.
Così sospinto, nel 1246 il vescovo istituisce la festa diocesana del Corpus Domini.
Sosteneva l’iniziativa anche l’arcidiacono di Liegi, Giacomo Pantaléon, di Troyes (Francia). E proprio lui nel 1261 diventa Papa, col nome di Urbano IV.
Come se avesse ancora Giuliana lì a spingerlo, nel 1264, con la bolla Transiturus, egli istituisce la festa del Corpus Domini per l’intera Chiesa. Giuliana non vedrà queste cose. Priora del monastero di Mont-Cornillon nel 1230, instaura una disciplina rigorosa che non piace a tutti: nel 1248 lascia la carica, e si ritira in clausura a Fosses, presso Namur, dove muore dieci anni dopo. Il corpo viene poi sepolto nell’abbazia cistercense di Villers.
Ma lei ha fatto in tempo a sapere che, dopo Liegi, anche la Germania occidentale (1252) già festeggiava il Corpus Domini.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Giuliana di Cornillon, pregate per noi.

*Sant'Irene di Salonicco - Martire (5 Aprile)

m. Salonicco, 304
Emblema:
Palma
Martirologio Romano: A Salonicco nella Macedonia, ora in Grecia, Santa Irene, vergine e martire, che per aver disatteso l’editto di Diocleziano conservando nascosti i libri sacri fu portata in un pubblico lupanare e poi messa al rogo per ordine del governatore Dulcezio, sotto il quale anche le sue sorelle Agape e Chiona avevano precedentemente subito il martirio.
Sante Agape, Chionia ed Irene, Martiri a Salonicco
Il martirio di queste tre giovani sorelle è raccontato in un documento che è una versione un po' ampliata di testimonianze genuine.
Le donne furono portate davanti al governatore della Macedonia, Dulcizio, con l'accusa di aver rifiutato di mangiare del cibo che era stato offerto in sacrificio agli dei.
Quando il Governatore chiese loro da chi avevano imparato idee così strane, Chionia rispose: "Da nostro Signore Gesù Cristo" e di nuovo lei e Agape rifiutarono di mangiare l'empio cibo e, a causa di ciò, furono bruciate vive.
Intanto Dulcizio era venuto a sapere che Irene aveva conservato in suo possesso dei libri cristiani invece di consegnarli come richiedeva la legge. La interrogò di nuovo e lei disse che quando era stato pubblicato il decreto dell'Imperatore contro i cristiani lei e altri erano fuggiti sulle montagne.
Evitò di coinvolgere le persone che le avevano aiutate e dichiarò che nessuno tranne loro sapeva che avevano i libri: "Temevamo la nostra gente quanto ogni altro" disse.
Dopo il loro ritorno a casa avevano nascosto i libri ed erano state molto infelici perché non potevano leggerli a tutte le ore come era loro abitudine.
Il Governatore ordinò che Irene fosse denudata ed esposta in un bordello, ma là nessuno la molestava, così le fu data un'ultima possibilità di sottomettersi e poi fu condannata a morte.
Anche i libri, le Sacre Scritture, furono bruciati pubblicamente.
Altre tre donne e un uomo furono giudicati insieme a queste martiri; una delle donne fu rinviata in carcere perché era incinta. Non è riferito cosa accadde di loro.

(Autore: Donald Attwater – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Irene di Salonicco, pregate per noi.

*Santa Maria Crescentia Hòss (5 Aprile)

Kaufbeuren, Baviera, 1682 - 5 aprile 1744
Nacque il 20 ottobre 1682 a Kaufbeuren, città dell'Algovia, figlia di un modesto tessitore di lana. Sin da giovanissima, si distinse per intelligenza e devozione, ma non poté subito entrare nel locale monastero delle Francescane perché la famiglia era troppo povera per pagare la dote richiesta. Fu dunque anche lei tessitrice, finché il sindaco protestante della città non le fornì l'aiuto economico necessario.
In monastero, come umile portinaia, divenne per molti una consigliera illuminata. Il suo candore spirituale impressionò anche il principe ereditario e arcivescovo di Colonia Clemens August che, subito dopo la morte chiese al Papa la sua canonizzazione.
Resta memorabile la sua azione di pace nella disputa per la successione nell'abbazia principe di Kempten, quando diede consigli alla principessa ereditaria bavarese ed imperatrice Maria Amalia per risolvere le discussioni tra suo marito, l'imperatore Carlo VII, e Maria Teresa d'Austria.
Morì il 5 aprile 1744 a Kaufbeuren. È stata canonizzata da Giovanni Paolo II il 25 novembre 2001. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Kaufbeuren sul fiume Wertach nella Baviera, in Germania, Santa Maria Crescenza (Anna) Höss, vergine, che, associata al Terz’Ordine di San Francesco, si sforzò di comunicare al prossimo la passione per lo Spirito Santo, di cui ella ardeva.
Dalla "francescana" di Kaufbeuren, Maria Crescentia Höss, fuoriuscivano doti umane e morali talmente affascinanti che, all'avvicinarla, nessuno poteva resistere. Per un numero straordinario di persone di ogni ceto ella fu un'ausiliatrice previdente e assennata ed anche una consigliera illuminata, sia per quelli che vivevano in religione sia per quelli che vivevano nel secolo. Possedeva la capacità di riconoscere rapidamente i problemi e di risolverli in modo appropriato e ragionevole.
Il Principe ereditario e Arcivescovo di Colonia Clemens August la riteneva una guida d'anime saggia e molto comprensiva: e rimase così impressionato dal suo candore spirituale che giunse a
chiederne la canonizzazione al Papa subito dopo la morte.
Memorabile è rimasta la sua azione di pace nella disputa per la successione nell'abbazia principe di Kempten, durante la quale diede consigli alla principessa ereditaria bavarese ed imperatrice Maria Amalia durante le discussioni tra suo marito, l'imperatore Carlo VII, e Maria Teresa d'Austria.
Numerose persone venivano a trovare Crescentia nel suo monastero e pur di avere un colloquio con lei erano disposte ad attendere anche per giorni.
Erano poi parecchie migliaia le persone che scrivevano a Crescentia dalle regioni d'Europa di lingua tedesca, chiedendo consigli ed aiuto e ricevendo sempre un'adeguata risposta.
Per merito suo il piccolo monastero di Kaufbeuren portò a compimento un sorprendente ed imponente apostolato epistolare. Crescentia nacque il 20 ottobre 1682 da un modesto tessitore di lana nella libera città imperiale di Kaufbeuren, che all'epoca annoverava circa 2.500 abitanti, due terzi dei quali erano protestanti. Già a scuola si distinse per la sua intelligenza e la sua devozione.
Divenne tessitrice, ma la sua massima aspirazione era quella di entrare nel monastero delle Francescane di Kaufbeuren. Accadeva tuttavia che i genitori erano troppo poveri per poter pagare la dote richiesta e solo mediante l'aiuto decisivo del sindaco protestante poté finalmente entrare in religione.
Qui la sua vita venne forgiata dall'amore gioioso verso Dio e dalla preoccupazione di adempiere in tutto alla volontà di Lui. Il nucleo principale della sua devozione era la partecipazione viva all'agonia di Cristo, da perseguirsi attraverso una vita di sacrificio e di dedizione verso il prossimo. Venne degnata di molte visioni delle quali parlava solo per ubbidienza di fronte ai suoi superiori ecclesiastici.
Un suo merito peculiare è stato quello di dare una regola ben determinata al monastero, grazie alla sua convincente devozione e alla sua straordinaria intelligenza.
Dal 1710, in qualità di portinaia previdente e caritatevole, mise in comunicazione con l'esterno la tipica vita del monastero. Dal 1717, in qualità di maestra delle novizie, formò le giovani suore per una vita degna all'interno della comunità monastica.
Nel 1741 le sue consorelle la elessero Superiora all'unanimità. In questo ruolo guidò in modo eccellente il monastero, e ciò sia per quanto riguardava gli interessi religiosi che secolari, migliorandone decisamente la posizione economica al punto che, per merito suo, il monastero poté essere in grado di fornire aiuti ed elemosine generose.
Immediatamente dopo la sua morte, avvenuta il 5 aprile 1744, era una domenica di Pasqua, la gente accorse numerosa alla sua tomba nella chiesa del monastero, convinta di trovarsi davanti ad una santa. Ben presto si contarono fino a 70.000 fedeli all'anno, e Kaufbeuren divenne uno dei famosi luoghi di pellegrinaggio in Europa. Il devoto concorso di folla, che si verificava presso la tomba di questa grande religiosa, sopravvisse persino alla secolarizzazione, all'inizio del XIX secolo, accrescendosi ulteriormente dopo la sua beatificazione, a cui procedette Papa Leone XIII nell'ottobre del 1900.
Questa venerazione è fino ad oggi rimasta viva in modo sorprendente. Nella diocesi di Augsburg, Crescentia Höss è la santa più venerata e ciò fin dal primissimo momento. La sua valida intercessione è testimoniata da un'abbondanza quasi incalcolabile di doni votivi e rapporti di esaudimenti di preghiere. La canonizzazione del 25 novembre 2001 può ben definirsi il giusto riconoscimento della sua enorme fama di santità.
Crescentia si presenta a noi come un concreto esempio della realizzazione dei principi cristiani nella vita quotidiana, mediante un'esistenza forgiata dalla fede nella sequela di Cristo e nell'assistenza del prossimo.
È molto importante sottolineare il fatto che ella viene considerata una santa dell'ecumenismo, poiché venne e viene venerata dai fedeli cattolici e protestanti sia già durante la sua vita che dopo la sua morte.
È inoltre un riconoscimento, nell'ambito della Chiesa cattolica, dell'importante ruolo che possono svolgere le donne. Ella si impegnò per la Chiesa e per l'aumento della fede, nel cuore di ogni fedele senza distinzione, con grande costanza e consapevolezza.

(Fonte: Santa Sede)
Giaculatoria - Santa Maria Crescentia Hoss, pregate per noi.

*Beato Mariano de la Mata Aparicio - Sacerdote Agostiniano (5 Aprile)
La Puebla de Valdavia, Spagna, 31 dicembre 1905 - São Paulo, Brasile, 5 aprile 1983
Mariano de la Mata Aparicio, sacerdote professo dell’Ordine di Sant’Agostino, nacque il 31 dicembre 1905 a La Puebla de Valdavia (Spagna) e morì il 5 aprile 1983 a São Paulo (Brasile).
La rapidissima causa di canonizzazione sul suo conto, avviata con il nulla osta della Santa Sede in data 14 dicembre 1996, ha portato al riconoscimento delle sue virtù eroiche il 20 dicembre 2004, al riconoscimento di un miracolo avvenuto per sua intercessione il 28 aprile 2006 ed alla sua beatificazione il 5 novembre 2006, sotto il pontificato di Benedetto XVI.
Quando la santità di una persona è universalmente evidente ed incontestabile, la Chiesa non tarda a riconoscerla: il 5 novembre 2006 infatti, a soli ventitrè anni dalla morte, è stato beatificato il sacerdote agostiniano Mariano de la Mata Aparicio.
Di origini spagnole, nacque il 31 dicembre 1905 a La Puebla de Valdavia da una famiglia profondamente cristiana.
Come già avevano fatto tre suoi fratelli, seguendo il loro esempio nel 1921 entrò nell’Ordine Agostiniano.
Nel 1930, alla termine degli studi compiuti a Valladolid ed a Santa Maria de La Vid (Burgos), ricevette l’ordinazione presbiterale.
Dopo aver esercitato il suo ministero in Spagna per due anni, venne destinato in Brasile, ove sino alla sua morte svolse diverse attività a carattere educativo, pastorale e di governo.
Padre Mariano fu un vero e proprio messaggero della carità: amico dei bambini e degli anziani, cireneo dei malati e dei bisognosi, conforto ed elemosiniere dei poveri, maestro amico degli alunni, sacerdote fedele osservante dei suoi compiti religiosi e ministeriali, uomo sensibile anche dinanzi alle meraviglie della natura, della quale era innamorato.
Nei pomeriggi era frequente vederlo percorrere le vie della città brasiliana São Paulo, negli ultimi tempi con grande pericolo per la sua incolumità a causa dei problemi visivi che lo affliggevano, per visitare le circa duecento officine di Santa Rita, dove si confezionavano vestiti per i poveri e dove gli associati vivevano una profonda vita spirituale.
La figura di questo religioso, che per oltre cinquant’anni diffuse attorno a sé simpatia, semplicità e bontà, fu molto popolare in particolar modo nella città suddetta.
Il suo fisico, però, incominciò a dare segnali di stanchezza sin dall’inizio del 1983.
Colpito da un tumore maligno, fu sottoposto ad un intervento chirurgico, ma come spesso accade in casi simili la malattia proseguì il suo inesorabile cammino.
Circondato dal compianto generale, Padre Mariano spirò il 5 aprile di tale anno.
I suoi resti riposano nella chiesa di Sant’Agostino presso São Paulo.
Scomparsa la sua persona fisica, non andarono fortunatamente perdute la sua memoria ed ancor meno la sua opera: oggi proseguono migliaia di “Ritas” nei suoi “talleres”, ed è sorto il grandioso asilo “Casa do menor P. Mariano”, a lui intitolato, scuola di arti e uffici per i bambini poveri. Per meglio trasmettere ai posteri il suo messaggio di amore verso gli ultimi, si pensò di introdurre la sua causa di canonizzazione. Ottenuto il nulla osta da parte della Santa Sede in data 14 dicembre 1996, dal 31 maggio 1997 al 16 dicembre dello stesso anno fu istruita l’inchiesta diocesana presso la Curia diocesana di São Paulo, nonché due processi rogatoriali a Palencia in Spagna ed a Cafayate nell’Argentina.
La causa è poi proceduta nella fase romana ed ha portato sino ad oggi al decreto di validità da parte della Congregazione dei Santi il 12 febbraio 1999, al riconoscimento delle sue virtù eroiche il 20 dicembre 2004, al riconoscimento di un miracolo avvenuto per sua intercessione il 28 aprile 2006 ed infine alla sua beatificazione il 5 novembre 2006, sotto il pontificato di Benedetto XVI.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Mariano de la Mata Aparicio, pregate per noi.

*Santi Martiri di Aquae Regiae (di Regiis) (5 Aprile)

sec. V
Martirologio Romano:
Ad Arbal in Mauritania, nel territorio dell’odierna Algeria, passione dei Santi martiri che durante la persecuzione del re ariano Genserico furono uccisi in chiesa il giorno di Pasqua; il loro lettore fu trafitto da una freccia alla gola, mentre dal pulpito cantava l’Alleluia.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri di Aquae Regiae, pregate per noi.

*Santi Martiri di Persia (5 Aprile)
m. 344
Martirologio Romano:
Nello stesso luogo, commemorazione di centoundici uomini e nove donne, martiri, che, radunati da varie parti nelle città regie di Persia, essendosi rifiutati con fermezza di rinnegare Cristo e adorare il fuoco, per ordine dello stesso re furono dati al rogo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri di Persia, pregate per noi.

*Beato Raimondo di Monteolivo - Cavaliere Mercedario (5 Aprile)

Di origine catalana, il Beato Raimondo di Monteolivo, ricevette l’abito dalle mani di San Pietro Nolasco il 10 agosto 1218, giorno stesso della fondazione dell’Ordine Mercedario.
Questo cavaliere laico consacrato al servizio di Dio diede grande esempio di austerità e buone azioni per tutta la sua vita finché si addormentò nel Signore sotto il generalato del Beato Guglielmo de Bas.
L’Ordine lo festeggia il 5 aprile.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Raimondo di Monteolivo, pregate per noi.

*San Vincenzo Ferreri - Domenicano (5 Aprile)

Valencia (Spagna), 1350 - Vannes (Bretagna, Francia), 1419
Vide nella mistica domenicana un ideale di perfezione che espresse nel trattato De vita spirituali. Sentì la vocazione di apostolo pellegrinante e percorse l’Europa occidentale evangelizzando,
convertendo i catari e i valdesi, e cercando di porre fine alla guerra dei Cento anni. Diede ai “flagellanti” che lo seguivano regole di vita precise, per cui sorsero alcune confraternite.
Spiritualità eminentemente apostolica e cristocentrica, cercò la verità prima di tutto nello studio delle Sacre Scritture, sempre assillato dal problema dell’unità della Chiesa.

Patronato: Costruttori
Etimologia: Vincenzo = vittorioso, dal latino
Emblema: Globo di fuoco, Stella
Martirologio Romano: San Vincenzo Ferrer, Sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, spagnolo di nascita, fu instancabile viaggiatore tra le città e le strade dell’Occidente, sollecito per la pace e l’unità della Chiesa; a innumerevoli popoli predicò il Vangelo della penitenza e l’avvento del Signore, finché a Vannes in Bretagna, in Francia rese lo spirito a Dio.
Due mesi dopo il suo ritorno definitivo da Avignone a Roma, Papa Gregorio XI muore nel marzo 1378. E nell’Urbe tumultuante ("Vogliamo un papa romano, o almeno italiano"), i cardinali, in maggioranza francesi, eleggono il napoletano Bartolomeo Prignano (Urbano VI).
Ma questi si scontra subito con i suoi elettori, e la crisi porta a un controconclave in settembre, nel quale gli stessi cardinali fanno Papa un altro: Roberto di Ginevra (Clemente VII) che tornerà
ad Avignone.
Così comincia lo scisma d’Occidente, che durerà 39 anni. La Chiesa è spaccata, i regni d’Europa stanno chi con Urbano e chi con Clemente. Sono divisi anche i futuri santi: Caterina da Siena (che ha scritto ai cardinali: "Oh, come siete matti!") è col Papa di Roma.
E l’aragonese Vincenzo Ferrer (chiamato anche Ferreri in Italia) sta con quello di Avignone, al quale ha aderito il suo re.
Vincenzo è un dotto frate domenicano, insegnante di teologia e filosofia a Lérida e a Valencia, autore poi di un trattato di vita spirituale ammiratissimo nel suo Ordine.
Nei primi anni dello scisma lo vediamo collaboratore del cardinale aragonese Pedro de Luna, che è il braccio destro del Papa di Avignone, e che addirittura nel 1394 gli succede, diventando Benedetto XIII, vero Papa per gli uni, antipapa per gli altri. E si prende anche come confessore Vincenzo Ferrer, che diventa uno dei più autorevoli personaggi del mondo avignonese. Autorevole, ma sempre più inquieto, per la divisione della Chiesa.
A un certo punto ci si trova con tre Papi, ai quali il Concilio riunito a Costanza, in Germania, dal novembre 1414, chiede di dimettersi tutti insieme, aprendo la via all’elezione del Papa unico. Ma uno dei tre resta irremovibile: Benedetto XIII, appunto.
Allora, dopo tante esortazioni e preghiere inascoltate, viene per Vincenzo la prova più dura:
annunciare a quell’uomo irriducibile, che pure gli è amico: "Il regno d’Aragona non ti riconosce più come Papa". Doloroso momento per lui, passo importante per la riunificazione, che avverrà nel 1417.
É uno dei restauratori dell’unità, ma non solo dai vertici. Anzi, Spagna, Savoia, Delfinato, Bretagna, Piemonte lo ricorderanno a lungo come vigoroso predicatore in chiese e piazze. Mentre le gerarchie si combattevano, lui manteneva l’unità tra i fedeli.
Vent’anni di predicazione, milioni di ascoltatori raggiunti dalla sua parola viva, che mescolava il sermone alla battuta, l’invettiva contro la rapacità laica ed ecclesiastica e l’aneddoto divertente, la descrizione di usanze singolari conosciute nel suo viaggiare...
E non mancavano, nelle prediche sul Giudizio Universale, i tremendi annunci di castighi, con momenti di fortissima tensione emotiva.
Andò camminando e predicando così per una ventina d’anni, e la morte non poteva che coglierlo in viaggio: a Vannes, in Bretagna.
Fu proclamato santo nel 1458 da Papa Callisto III, suo compatriota. La sua data di culto è il 5 aprile, mentre l'Ordine Domenicano lo ricorda il 5 maggio.

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vincenzo Ferrer, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (05 Aprile)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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